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Consulenza enologica ed agronomica:
esperienze, novità ed eventi a cura di Simona Migliore.

Andrea Valentinuzzi: 6 edizione dell’Indian Wine Consumer’s choice awards 2018

I consumatori indiani continuano ad apprezzare lo stile di produzione del winemaker Andrea Valentinuzzi. Lo stile italiano del winemaker incontra i gusti del mercato indiano e riconferma determinati riconoscimenti edizione dopo edizione.

E mentre in India ci si appresta alla vendemmia 2018 già alle porte, arrivano i risultati della sesta edizione IWCCA 2018: the Indian Wine Consumer’s Choice Awards, un evento che dà voce ai palati dei consumatori di vino.

Ancora una volta un winemaker italiano sfida il mercato indiano cercando di interpretarne i gusti.

Andrea Valentinuzzi winemaker della SDU Winery con sede a Bangalore e winemaker della Vintage Wines con sede a Nashik conquista così 5 medaglie per la SDU Winerye 4 per la Vintage Wines con la linea Reveilo.

 

Medaglia d’oro/Gold medal:

SDU Winery Reserva Syrah 2013

SDU Winery Deva Chardonnay NV


Medaglia d’argento/Silver Medal: 

SDU Winery Deva Syrah NV

SDU Winery Reserva Cabernet Sauvignon 2013

REVEILO Cabernet Sauvignon 2017

REVEILO merlot 2017

REVEILO Nero d’Avola 2017
Medaglia di bronzo/Bronze medal:

SDU Winery Trilogy NV

REVEILO Chardonnay 2017
Il vino non viene prodotto solo per i giornalisti, i degustatori professionisti, gli opinion leader o i wine bloggers. Giudice assoluto è il CONSUMATORE finale.

L’Indian Wine Consumer’s choice awards, che organizza degustazioni completamente alla cieca alle quali prendono parte anche alcuni giornalisti, ha confermato ancora una volta la professionalità di 2 aziende indiane, che puntano vendemmia dopo vendemmia alla qualità a 360 gradi rispettando le aspettative del consumatore finale.

The 3rd Indian Wine Consumer’s Choice Awards was held on Saturday, 10th of January 2015 at Sofitel Mumbai, BKC. The four hour judging culminated with over a 130 premium Indian wines being tasted, discussed and individually scored by a panel of consumer judges.

Aspettando i prossimi IWCCA 2019 uno sguardo a tutte le medaglie su:

http://www.allthingsnice.in/iwcca.php

 

 

 

 

 

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Denis Dubourdieu: la scomparsa di un maestro dell’enologia

 

 

Mi imbatto su un post di Maurizio Gily scritto per Mille Vigne e mi si gela il sangue (http://www.millevigne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1003%3Ala-scomparsa-di-dubourdieu&catid=9%3Anews&Itemid=656).

Classe 1949, conoscevo Denis Dubourdieu  solo per reputazione. Me ne parlava Giovanni Bigot durante l’organizzazione del Concours Mondial du Sauvignon. Mi diceva essere stato il suo punto di riferimento durante le trasferte fatte negli anni precedenti il 2005 perché  “Conoscere Denis Dubourdieu personalmente mi ha dato la possibilità di parlare del Sauvignon del Friuli Venezia Giulia e delle sue potenzialità”. E’ il 2006 quando le ricerche e il lavoro condotto da Giovanni Bigot viene presentato durante una tavola rotonda e un convegno a Cividale del Friuli sul Sauvignon al quale prende parte anche Denis Dubourdieu. E’ il punto ufficiale di inizio per il Sauvignon targato FVG. Poi nel 2014 ho la fortuna di partecipare al Concours Mondial du Sauvignon a Bordeaux. E qui conosco il Professore.

L’occasione è il convegno di benvenuto ai degustatori-giudici provenienti da tutto il mondo in occasione del concorso. E ancora una volta parla di Sauvignon e degli studi condotti sulla possibilità di utilizzare il legno per l’affinamento di questa varietà prodotta in tutto il mondo. Parla in francese alternando la presentazione con battute volte a strappare un sorriso. Parla con il carisma di un professore, di una persona appassionata e dedita al suo lavoro.

Adesso avrà un bellissimo lavoro da svolgere…lassù, dovrà vegliare sui produttori e magari immaginiamolo seduto con un calice di sauvignon in mano, mentre col sorriso sulle labbra si rilassa lasciando vagare il suo sguardo su una distesa interminabile di vigneti.

Ciao Professore.

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Michele Pavan alla guida del Consorzio Tutela Vini Friuli Colli Orientali e Ramandolo

Cambia volto il Consorzio Tutela Vini Friuli Colli Orientali e Ramandolo. Il neo presidente neoletto è Michele Pavan, titolare dell’azienda La Buse dal Lôf di Prepotto e presidente dell’Associazione dello Schioppettino di Prepotto. Sarà supportato dai vice presidenti Adriano Gigante, presidente uscente, e Paolo Valle.

Il CDA sarà composto dai consiglieri Filippo Butussi dell’az. Butussi, Federico De Luca dell’azienda Ronc dai Luchis, Michele De Pace dell’az. Perusini, Demis Ermacora dell’az. Ermacora, Filippo Felluga dell’az. Livio Felluga, Martina Moreale dell’az. Il Roncal, Sandro Vizzutti dell’az. Vizzutti Sandro e Marco, Maurizio Zaccomer dell’az. Zaccomer, Silvano Zamò dell’az. Vigne di Zamò e Germano Zorzettig dell’az. La Sclusa.

Aria di cambiamento? O di continuità?

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Gli agrumi di Sicilia dentro la bottiglietta – a cura di Angelo Peretti

Da incallito bevitore di chinotto qual sono, Tomarchio è per me un nome di culto. Azienda siciliana di Acireale (venne fondata nel 1920 dal Cav. Filippo Tomarchio, che andava a vendere porta a porta la sua gassosa torbida), fa un chinotto che è tra i miei preferiti, e insieme col chinotto ci metto la sambuca, che imbottigliata da loro non è un liquore, bensì una rinfrescante, gradevolissima bibita gassata che sa di anice.

Ordunque, ho scoperto che adesso in casa Tomarchio si fa anche una linea di bibite bio. O meglio, come dicono loro, si fa “Sicilia in bottiglia bio”, ché la produzione di cui parlo è tutta a base di agrumi siciliani. O meglio ancora – è un’escalation -, trattasi di cinque differenti fragranze agrumate fatte, assicurano, con agrumi da agricoltura biologica di Sicilia, con acqua dell’Etna, con zucchero di canna biologico, con aromi naturali e olii essenziali e senza conservanti.

“La linea Tomarchio bio – garantiscono sul loro sito – è il primo progetto di filiera che garantisce succhi di agrumi dalla provenienza intermaente tracciabile grazie a una collaborazione con il Distretto produttivo agrumi e i Consorzi di tutela arancia rossa igp e Limone di Siracusa igp”.

Io queste nuove bibite gassate bio agli agrumi me le sono bevute di gran gusto e sono qui a dire che hanno tirato fuori dei bellissimi prodotti, superandosi. D’altro canto, l’esperienza conta eccome, e di esperienza ne hanno parecchia.

Oh, quasi quasi dimenticavo di dire quali sono le bibite della nuova serie.

Ordunque: aranciata rossa bio con il 16% di succo di arancia rossa di Sicilia igp, limonata bio con il 16% di succo di limone di Siracusa igp, aranciata bio con il 16% di succo di arancia di Sicilia, mandarino bio con il 16% di succo di mandarino di Sicilia e, ovviamente, chinotto bio con estratto di chinotto.

Provare per credere.

Sibat Tomarchio 
Via Loreto Balatelle, 52
Piano d’Api, 95020 Acireale (CT)
Tel. +39 095 7652192
www.tomarchiobibite.it

 

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ENOPORDENONE: Quinta della Luna e Tenuta Fernanda Cappello

Ormai dovrebbe essere routine per me, ma il Sauvignon ogni volta riesce a stupirmi. Lo fa dopo ogni sorso, lo fa dopo aver ascoltato la storia del produttore, lo fa ogni volta che leggo passione e consapevolezza nello sguardo di chi lo ha visto nascere. Lo fa tutte le volte che se ne parla. Ospite di ENOPordenone, ho avuto l’onore di parlare di 2 varietà che in Friuli Venezia Giulia trovano il posto ideale per poter esprimere tutte le loro potenzialità, il Sauvignon e il Traminer aromatico. Due aziende, Quinta della Luna e Tenuta Fernanda Cappello, due Donne del Vino che hanno trasmesso attraverso la loro storia e i loro vini, tutta la passione e l’amore per la loro terra. Una  terra, la loro, caratterizzata dai sassi, confinante con il gretto del Cellina l’una e del Meduna l’altra. Due Donne straordinarie, Monica e Fernanda pronte ad accogliere la sfida che la terra ti offre e vincerla. ENOPordenone è un’associazione “pordenonese” nata tra diversi imprenditori, tra cui 22 produttori che un volta al mese presentano i vini di 2 aziende diverse. E lo fanno con gusto e coinvolgimento. Lo scenario scelto è sempre quello di un grande ristorante, come La Torre di Spilimbergo, e il tema sempre diverso. In questo modo nuovi consumatori hanno modo di conoscere personalmente i produttori o le produttrici, assaggiare i loro vini abbinandoli a piatti creati ogni volta per raggiungere l’equilibrio perfetto.

Veniamo ai vini…brindisi d’apertura con il Pordenone che nasce dal blend di alcuni vitigni autoctoni sia bianchi che rossi vinificati in bianco del Friuli Venezia Giulia. Ogni volta cambiano le percentuali, non esiste una regola fissa, dipende dall’annata, da quanto e cosa ogni produttore decide di conferire per poter ottenere ogni volta il risultato desiderato. Si tratta di un metodo Charmat che presenta un perlage fine e persistente e un spettro olfattivo talmente ampio ma allo stesso tempo elegante.

 

 

Il Sauvignon 2014 di Quinta della Luna accompagna un piatto di un equilibrio straordinario: Pasqualina 2016, un uovo cotto a bassa temperatura per 1h, poggiato  su un nido di kataifi, erbe del tagliamento e tartufo nero friulano. Sentori di foglia di pomodoro iniziali lasciano subito il posto alla pesca matura e a note di pompelmo. La freschezza del Sauvignon esalta ogni percezione derivata dal piatto, lasciando successivamente una bocca piacevolmente pulita.

 

“Il Gnocco”, uno gnocco di patate ripieno di Formadi Frant al cren, fonduta e zafferano friulano incontra invece la giovinezza e l’impulsività del Sauvignon 2015 di Tenuta Fernanda Cappello. Fresco, giovane, carezzevole al palato, con evidenti sentori dovuti alla fermentazione come la banana, subito sostituita dall’ananas e dai fiori di sambuco.

 

 

L’abbinamento con “Il Maialino” tocca l’apoteosi. Adagiato su una purea di finocchi, composta di arance alle fave tonka e profumo di liquirizia viene accarezzato da due Sauvignon straordinari, il Sauvignon Selezione 2013 Tenuta Fernanda Cappello e Bianco ‘Marco Giallo’ 2011 Quinta Della Luna. Non è solo l’annata a sorprendermi, ma la scelta coraggiosa delle due produttrici: affinare in legno un vino che sembrerebbe non essere adatto a questa scelta. Già nel 2014 durante la conferenza di apertura del Concours Mondial du Sauvignon tenutosi a Bordeaux, si parlò tanto dei sentori di cui il Sauvignon si arricchisce se passato in legno. Il primo Sauvignon sosta 8 mesi in legno di terzo passaggio, i sentori sono discreti, ma avvolgenti, la freschezza sempre presente. Il secondo Sauvignon sosta invece ben 18 mesi in barriques nuove; la nota speziata è più marcata e sfacciata, ma si armonizza con la struttura del Sauvignon.

Un piatto come questo, dove i sapori si rincorrono e si fondono insieme, dove la liquirizia si scioglie in bocca e arriva al palato poco prima che la speziatura della fava tonka si sprigioni in tutta la sua forza. Due Sauvignon scelti entrambi per un unico piatto perché dove arriva l’uno non arriva l’altro e viceversa, due Sauvginon che si completano a vicenda come se fossero le facce di un’unica moneta. Una dualità che trova piena realizzazione nel piatto.

A chiudere la serata una Cheesecake di formaggio Asìno con sorbetto di mele e zenzero accompagnato dal Traminer Aromatico ‘Primo’ 2013 Tenuta Fernanda Cappello. Quasi in punta di piedi il Traminer aromatico vinificato dopo una vendemmia tardiva, arriva sul dessert aprendosi poco alla volta, con la forza di ripulire la bocca dopo le meravigliose sensazioni lasciate dal formaggio Asino e le note irruente dello zenzero.

 

Ogni nota olfattiva, ogni sfumatura riporta ai veri attori della serata: i vini, le aziende e le elaborazioni gastronomiche dello chef e tutto ciò fa da contorno a quanto si vuole comunicare: Territorio.

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Comunicazione e promozione…il vino senza veli

Marketing, promozione, comunicazione. Termini facili, ma così difficili da mettere in pratica. Ci si inventano le situazioni più assurde, alle volte geniali, alle volte di una banalità disarmante per “comunicare un prodotto”.

Ora! Non mi interessa che 4 donne (sicuramente non provenienti dal Friuli Venezia Giulia) si struscino (anche su un murooooooooooo!) e si accarezzino ammiccando come in un qualunque video erotico. Anzi scusatemi…di erotico e sensuale il video ha ben poco. E non mi importa del fatto che si “usi il corpo femminile”. Siamo in un Paese libero e oramai il nudo è talmente sdoganato che rischia di essere banalizzato.

Per cui no, credetemi. Non si tratta di essere bigotti o falsamente moralisti.

Di vero c’è che quando si crea un prodotto o un servizio da immettere in un mercato lo si fa tenendo conto “delle regole di quel mercato”. Quindi in Russia va la “gnocca” e si usa un video in cui le nudità femminili vengono sbattute in faccia a chiunque, perchè evidentemente è ciò che tira…e forse non è la sola cosa che tira…

A ogni modo…vuoi usare il nudo femminile per promuovere il vino del Friuli? Allora non capisco il messaggio. Cosa vuoi comunicarmi che se vieni in Friuli ad agosto-settembre trovi le friulane discinte in vigna a vendemmiare? Vuoi dirmi che i vigneti friulani pullulano di giovani contadine senza veli pronte ad ammiccare e a strusciarsi addosso le uve che poi daranno il prezioso nettare? O vuoi comunicarmi che se decidi di vivere un’esperienza agreste in un vigneto in Friuli Venezia Giulia potresti aver la fortuna di assistere a show in vigna?

Dove sta la promozione del vino del Friuli Venezia Giulia? Perdonatemi faccio fatica a trovare il nesso. Non si vede una zona di produzione, una bottiglia di vino, un calice di vino.Si vedono divani, poltrone, alle volte delle anfore, dei tini…ma dove sta la promozione?

Quel video lì poteva essere girato ovunque…perchè, parliamoci chiaro…chi guarda il contorno?? Forse qualcuno come me che fino alla fine sta cercando di capire in che modo il vino friulano venga comunicato in Russia.

Qual è l’associazione da fare?

Non discuto la scelta dei produttori. In ogni caso il video fa parlare, discutere e sorridere…a noi viene lasciato l’arduo compito di cercare di “comprendere” in che modo comunicare l’incomunicabile!

Donne e Vino – video

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EXPO 2015: a Milano il parco giochi dell’enogastronomia

E’ la prima volta che affronto un’esperienza con aspettative bassissime. Scusate, mi correggo…proprio basse basse, praticamente asfaltate.

Non so cosa sia accaduto. Sul serio…non lo so…Ai tornelli di sicurezza (ebbene si, ci son controlli come se doveste prendere un aereo) ero ancora sullo stato del “si…va bene, e adesso?!”

Non mi era neanche ben chiaro durante i 150 mt che ti separano dal secondo cordone di sicurezza. Svoltato l’angolo le prime coloratissime costruzioni…ho perso la parola. Mi son limitata a prendere il cellulare e cominciare a scattare qualche foto. In testa mi ripetevo “solo per dover di cronaca, niente di più”.

Ancora altri 150 mt e mi si apre un viale grandissimo, larghissimo, un ingresso che sembra voler dire “finalmente sei arrivata”. Un viale che si apre quasi come se ti si stendesse davanti un tappeto rosso da grandi cerimonie…e tu sei l’ospite che stavano aspettando.

Sarà stato per le aspettative raso zero, sarà stato perché la motivazione che mi portava a Expo era puramente lavorativa e non esplorativa, ma restare stupita e affascinata al contempo è stato immediato e spontaneo.

Padiglioni colorati, architetture al limite dell’immaginabile, un pot pourry di folklore, persone, immagini, suoni, profumi. Un incontro di Paesi, tradizioni, visi e sorrisi.

E le persone tutte in giro a guardarsi con il naso all’insù per cercare di capire su quale “attrazione enogastronomica” montare su. Come un parco giochi, con la differenza che le emozioni anziché nascere per l’eccitazione dovuta all’adrenalina, nascono grazie alla curiosità suscitata da cose sconosciute, da profumi e sapori che si incontrano e si intrecciano su 100 ettari di superficie.

Quando qualcuno mi chiede “Com’è EXPO?” La mia risposta è “Occorre che si vada in prima persona. Occorre vedere con i propri occhi.”

Se il giusto messaggio sia “Nutrire il Pianeta” non lo so, non sono riuscita a fare mio questo concetto.

…mi toccherà ripetere l’EXPerienza!

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Andrea Valentinuzzi: 3 edizione dell’Indian Wine Consumer’s choice awards 2015

Ancora successi per il winemaker Andrea Valentinuzzi.

In India si è appena tenuta la terza edizione IWCCA 2015: the Indian Wine Consumer’s Choice Awards, un evento che dà voce ai palati dei consumatori di vino.

Ancora una volta un winemaker italiano sfida il mercato indiano cercando di interpretarne i gusti.

Andrea Valentinuzzi winemaker della SDU Winery con sede a Bangalore e winemaker della Vintage Wines con sede a Nashik conquista diversi riconoscimenti: 2 medaglie per la SDU Winery e 9 per la Vintage Wines con la linea Reveilo.

Medaglia d’oro/Gold medal:

SDU Deva Cabernet Sauvignon 2013

Reveilo Syrah Reserve 2012

Reveilo Chardonnay 2013

Reveilo Nero D’avola 2014


Medaglia d’argento/Silver medal

Reveilo Merlot 2014

Reveilo Cabernet Sauvignon 2013

Reveilo Late Harvest Chenin Blanc 2013

Reveilo Syrah 2014

Reveilo Grillo 2013

Reveilo Sangiovese 2014


Medaglia di bronzo/Bronze medal:

SDU Reserva Cabernet Sauvignon 2012


Il vino non viene prodotto solo per i giornalisti, i degustatori professionisti, gli opinion leader o i wine bloggers. Giudice assoluto è il CONSUMATORE finale.

Degustazioni completamente alla cieca, alla quale hanno comunque preso parte anche alcuni giornalisti, hanno confermato la professionalità di 2 aziende che puntano sulla qualità a 360 gradi rispettando le aspettative del consumatore finale.

The 3rd Indian Wine Consumer’s Choice Awards was held on Saturday, 10th of January 2015 at Sofitel Mumbai, BKC. The four hour judging culminated with over a 130 premium Indian wines being tasted, discussed and individually scored by a panel of consumer judges.

Aspettando i prossimi IWCCA 2016 uno sguardo a tutte le medaglie su:

http://www.allthingsnice.in/iwcca.php

 

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Facciamo il test da Giorgio Barchiesi…ops da Giorgione

“Smuginata o smuginatina”, “un nonnulla di”, “laido e corrotto”, “laido intruglio” chi segue Giorgio Barchiesi, in arte Giorgione, su Sky per le programmazioni “Orto e cucina” di Gambero Rosso, sa di cosa si parla.

Sono diverse le trasmissioni e i conduttori che parlano di cucina e sciorinano ricette e preparazioni, ma pochi parlano come “mangiano”. La scelta della materia prima, la ricerca di un ingrediente anziché un altro (la famosissima cipolla di Cannara), ma soprattutto la scelta degli stessi da fornitori selezionati e da coltivazioni private quando può, altrimenti ricercate, fa di Giorgio Barchiesi un conduttore atipico.

L’amore per gli animali, la cura e il suo modo di parlare lo rende personaggio seguitissimo e apprezzato.

Cominci a seguirlo televisivamente, ti incuriosisci delle scelte gastronomiche, della preparazione dei piatti legati alla tradizione, memorizzi il programma per non perderti una puntata, riguardi con piacere le repliche…ma poi la curiosità di vedere cosa c’è dietro prende il sopravvento e cominci a “cercarlo”.

A differenza dei conduttori che se la tirano…lui è vero, sempre sorridente, ti racconta le ultime disavventure quasi come vi conoscesse da sempre.

Arrivi “Alla Via di Mezzo” dopo aver prenotato con qualche giorno di anticipo, socchiudi già la porta e senti la sua voce giungere sin sull’uscio. La stessa voce, lo stesso sguardo, bellissima stretta di mano, lo stesso interloquire…la differenza è che gli sei davanti e non c’è uno schermo televisivo a separarvi.

E…fortuna delle fortune, siedi all’unico tavolo disponibile nella saletta d’entrata così ne approfitti per chiacchierare con Giorgione e segui con il sorriso la sua affettuosa e goliardica accoglienza ad altri avventori che diventano o sono già amici.

Il tono di voce, il timbro, le battute, il sorriso, la simpatia, la sua accoglienza…da Giorgione vai perché c’è lui. I piatti rispecchiano il suo modo di cucinare in televisione, piatti elaborati nelle cotture e nella cura della materia prima, non bellissimi da vedere, non preparazioni stellate, ma siamo da Giorgione e se lo segui in tv non puoi aspettarti altro altrimenti resteresti deluso.

La carta dei vini è spartana, poche etichette che comunque si sposano benissimo con i piatti proposti.

Antipasto a buffet con trippe, acciughe e cipolle, ceci, lumachine, diversi formaggi, melanzane, i cucunci (per chi non li conoscesse sono i frutti che rimangono dopo l’appassimento del fiore, mentre il cappero è il bocciolo) e poi altri tegamini in coccio che non hai il coraggio di scoperchiare per paura di esagerare. E lui ti guarda smarrito se non riempi il piatto, ma si raccomanda anche di non esagerare con il pane, perché sa benissimo che fare la scarpetta con tutte quelle prelibatezze è quasi una tentazione irresistibile.

Lasagne con i carciofi, casarecce con il guanciale, maialino e pollo al forno e i dolcetti…eccezionali.

Se si è in zona e piace la cucina tradizionale, non si può evitare di andare Alla Via di Mezzo, non solo per la simpatia, ma anche per la buona cucina e il rispetto della materia prima. Il team che collabora “Alla via di Mezzo” è giovane, anche la moglie è sempre presente. Tutti vi mettono immediatamente a vostro agio.

Vi sentirete dire prima di andar via, con una calorosa stretta di mano “Non fatemi preoccupare, comportatevi bene quando non ci sono io”… sorridi pensando che forse fa riferimento al fatto che occorra stare attenti a quello che si mangia?!

Il test noi lo abbiamo fatto, magari senza i mugolii tipici di Giorgione durante l’assaggio, ma con la stessa goduria laida e corrotta. E abbiamo capito perché Giorgione piace!

Non vi va di fare un test?

Alla Via di Mezzo – Via Santa Chiara 52, 06036 Montefalco, Italia +39 0742 362074

http://www.ristoranteallaviadimezzo.it/

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Pennelli imbrattati di vino: Maria Teresa Pirillo

“Pennellate di Refosco dal peduncolo rosso rincorrono quelle del Merlot o del Cabernet Franc. Il Terrano irrompe prepotentemente laddove altri non riescono.” Non sono versi di una poesia, non è una citazione o una banale rappresentazione fantastica. E’ quello che succede sulle tele dell’artista Maria Teresa Pirillo, calabrese di nascita, ma udinese di adozione dal 1975. Una donna che fa dell’arte la sua passione, ma dedica le sue giornate, con la stessa passione, alla difficile professione di maestra per le scuole primarie.

La passione per i pennelli e per le tele è una costante nella vita dell’artista così come la trasparenza e la luminosità dell’acquerello che rimane la sua tecnica preferita. Nelle sue opere esplode il dinamismo, nella rappresentazione di nudi, ritratti, paesaggi dove l’acqua irrompe nella sua calma e nella sua determinata forza. Solo nel 2012 la sua curiosità e il suo animo d’artista la spingono a confrontarsi con  un mondo completamente nuovo: il vino.

Comincia con il Cirò, una varietà di uve rosse calabresi, ma si lascia subito incantare dalle sfumature che le varietà autoctone e internazionali coltivate in Friuli Venezia Giulia riescono a regalarle. La ricerca per il giusto vino per creare l’incarnato di un viso o le note malinconiche di un paesaggio.

Abituati a interpretare un vino soprattutto dai suoi profumi e sapori, ci ritroviamo a sottolinearne sfumature attraverso la libera interpretazione dell’artista allenando la nostra vista, uno dei sensi chiamato a giudicare tonalità, intensità e limpidezza.

La curiosità porta l’artista a utilizzare anche il mosto, ma l’evoluzione sulla tela non è delle migliori: la fermentazione muta i contorni e i colori e dopo poco tempo svanisce anche il soggetto che si era cercato di intrappolare sulla tela. Usa carta da acquerello o tele e ognuna di esse ne supporta gli effetti cromatici con la sua specificità. La creazione di una sua opera può richiedere appena poche ore, altre anche giorni. La buona riuscita del soggetto dipende dal tempo impiegato, proprio perché il vino è vivo e mutevole.

Così come un vino evolve all’interno di un calice, allo stesso modo evolve, cambia sulla sue tele. Nel tempo le sue pennellate cambiano, il rosso rubino tende al mattonato, il giallo oro del Verduzzo vira in un giallo paglierino, il Pignolo ambrato in un tenue senape, mentre il Friulano diventa un ottimo
supporto per diluire e rendere più trasparenti le tonalità.

Il vino diventa creta nelle mani dell’artista, si lascia manipolare per andare oltre profumi e sapori. Nelle opere di Maria Teresa non è importante quanto persistente o profumato sia un vino, quanta sapidità o freschezza abbia, ma quali tonalità riesca a regalare al pensiero dell’artista. Un pensiero che si esprime attraverso corpi e paesaggi e che spesso viene arricchito da poesie scritte sull’opera stessa. Poesie che nascono alle volte ancor prima che nasca l’opera, altre volte solo per completarla.

La curiosità iniziale dell’artista si è trasformata in sfida con se stessa e con il tempo. Il suo desiderio è, adesso, quello di trovare “qualcosa” che aiuti i suoi colori a fermarsi nel tempo e a non mutare con esso. Forse per la prima volta riuscirebbe a intrappolare l’essenza di un calice di vino e di una varietà, o forse la bellezza delle sue opere sta proprio nel fatto che anche sulle sue tele il vino cambia agli occhi di chi, ancora una volta, è chiamato a interpretarlo.

Chissà che un ricercatore, un enologo, un enotecnico non raccolga la sfida e proponga alla nostra artista l’elisir di lunga vita per i colori delle sue opere.

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