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Consulenza enologica ed agronomica:
esperienze, novità ed eventi a cura di Simona Migliore.

An italian job…by Himanshu Bhandari

of course…in India!

Andrea Valentinuzzi

Andrea Valentinuzzi

 

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Indian winemakers must pay attention to details by Sulekha Nair

Sulekha Nair è  giornalista per The indian Express e collabora anche con altre testate indiane. Su Financial Express un’intervista ad Andrea Valentinuzzi winemaker della 360 Wine Consultingsnc: http://www.financialexpress.com/news/-indian-winemakers-must-pay-attention-to-details-/268324/1

che può essere scaricata anche qui: http://www.360wineconsulting.com/blog/wp-content/uploads/2012/10/Andrea.jpg

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Sensazionalmente…che vendemmia???

Ho temuto giorno dopo giorno di sentire su qualche dossier televisivo o leggere su qualche rivista enoscandalistica “anche quest’anno una vendemmia eccezionale, un’ottima annata che darà grandi vini”.

Da quando mi sono addentrata in questo enomondo ho, anno dopo anno, assistito sempre alle stesse esclamazioni entusiastiche e paradossali, per poi scoprire l’annata nel bicchiere solo a vendemmia fatta e finita e sentire i produttori o gli enologi dar colpa (giustamente) una volta alla pioggia, o alla grandine, o alle malattie per la carenza qualitativa riscontrata.

Gli addetti ai lavori affermano (e concordo pienamente) che una vendemmia la si scopre solo quando se ne avranno i frutti dentro un calice, che spesso annate in condizioni estreme hanno regalato grandi vini, mentre altre volte no; che altre annate fantastiche, metereologicamente parlando, sono state in grado di regalare buoni vini si, ma non eccezionali. C’è tutta una serie tale di variabili, che non è assolutamente pensabile, neanche umanamente, poter anticipare come evolverà la nostra uva.

Pensavo che quest’anno tutti coloro dotati di corde vocali mediatiche o penne/tasti giornalisticamente muniti, avessero trovato il buonsenso di non esordire con certe espressioni…ma la speranza è durata poco.

Su “Cronache di gusto” del 29.08.2012 si legge a un’intervista fatta a Zonin: «La quantità delle uve è più o meno la stessa dello scorso anno, nonostante ci sia stato un calo delle uve precoci che hanno sofferto di più. Stiamo cominciando a vendemmiare anche i prosecchi e ci siamo accorti che per queste uve il calo è nettamente inferiore». Questo grazie alle piogge che hanno colpito un po’ tutte le tenute di Zonin e che hanno dato “una boccata d’ossigeno alle piante”.

Cioè, vorrei capire…le piogge sono riuscite a concentrarsi tutte sulle tenute di Zonin lasciando a bocca asciutta i terreni degli altri mortali produttori???

«Le temperature la notte crollavano rispetto al giorno anche di 15 gradi ed è stato questo a far si che le uve venissero fuori sanissime…». Adesso, sarà che ricordo male io, ma sono state diverse le settimane in cui anche la notte si son toccate punte di 25 gradi (e son buona).

Fino dell’omonima azienda pugliese. «Ho sensazioni bellissime, perché le uve sono fantastiche». La quantità giusta di pioggia in primavera e qualche spruzzata in estate hanno dato alle uve gradazioni alcoliche importanti, «mantenendo però buoni livelli di ph ed una buona acidità».

Az. toscana Petrolo. «Devo dire che il caldo di quest’estate all’inizio ci ha un po’ preoccupati – dice Luca Sanjust -, ma per fortuna l’allarme siccità, almeno per quanto riguarda il nostro territorio, sembra essere rientrato».

Da quello che ho capito quindi tutti i produttori comuni, per intenderci i mortali, hanno denotato siccità, pur sottolineando uve sane prive lontane dalle malattie. Hanno detto di aver visto le loro vigne in forti condizioni di stress idrico, soprattutto in Friuli Venezia Giulia e di aver assistito al fenomeno dei grappoli impallinati, e che per chissà quale deroga divina invece i produttori immortali hanno goduto della giusta quantità di pioggia sui loro vigneti…

mahhhh…potenza del marketing e della comunicazione…

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Ci limitiamo…ci?

Quando mi si chiede di parlare del mio lavoro molti dicono che cambierebbero volentieri il loro con il mio. Di buono c’è che lo adoro e ne ho fatto anche il mio hobby e la mia passione. Spiegare però cosa faccia un degustatore e come affronti ciò per cui è stato preparato è ben altra cosa.

La domanda che molti mi pongono è “ma quanti vini assaggi in una sessione?” e alla risposta che solitamente spazia dai 15 ai 150, le domande son quasi sempre le stesse “ma ci capisci qualcosa?” “ma non ti capita di confondere i vini?” “ma non confondi profumi, odori e sapori?”

Domanda lecita, ma…avete mai chiesto a un medico chirurgo “ma quanti pazienti operi al giorno o quanti ne visiti?” o “ma poni la stessa attenzione per tutti o dopo 3-4 pazienti cominci a confondere il rene con il polmone?” o magari al dipendente X di una qualunque azienda Y addetto a macchine a cui si deve prestare molta attenzione dal momento in cui la si accende al momento in cui la si spegne, magari dopo 6-8 ore, avete mai chiesto “quanto dura la tua soglia di concentrazione?”

Ogni lavoro, ogni professione vanno svolti con attenzione, onestà verso se stessi e gli altri e soprattutto rispetto. Nel mondo del vino accade la stessa cosa, la stessa identica cosa. E così come nelle altre professioni, anche tra i degustatori può capitare che ci sia qualcuno che lavora meno bene di altri o meno onestamente di altri, qualcuno capace di degustare 100 vini dimostrando lo stesso rispetto e concentrazione dal primo all’ultimo e qualcuno capace di degustarne 10 e non prendere sul serio il compito che è chiamato a svolgere.

La soglia di stanchezza la raggiungono anche i degustatori…ebbene si, ma per lo stesso motivo per cui un professore chiamato a disquisire per 6 ore di fila deve riuscire a mantenere lo stesso grado di concentrazione dall’inizio alla fine, allo stesso modo un degustatore ha il diritto di ricordare non solo che il vino che deve giudicare è frutto del lavoro di almeno un anno, ma che quello stesso prodotto verrà messo in commercio.

La “stanchezza” è relativa non solo al numero di vini, ma alla tipologia: una cosa è degustare 100 Amarone, un’altra cosa è degustare 100 Ribolla gialla e naturalmente così come per tutte le professioni, anche i degustatori hanno i propri limiti. Spetta a ognuno l’onestà di tirarsi indietro se non ci si sente in grado di restare lucidi degustativamente per sessioni importanti.

Il giudizio finale è sempre e comunque frutto di un panel di degustatori e mai del singolo e si tratta di un giudizio oggi non ripetibile in laboratorio nè sostituibile che dovrà poi trovare riscontro con ciò che si aspettano i consumatori finali.

Il vino che si degusta nelle varie commissioni deve (ahimè) essere spogliato della poesia e della filosofia di cui si rivestirebbe se lo si assaggiasse in cantina, o durante una cena o con degli amici…ed è giusto che sia così, altrimenti ci si lascerebbe incantare dalla storia, dalle immagini, dagli aneddoti, dalle persone che rappresentano quel vino e il giudizio del degustatore verrebbe meno, non diverrebbe asettico e mancherebbe di professionalità.

Tanta passione, tanto allenamento, tanti assaggi fuori dal cortile della propria casetta, tanta umiltà, TANTA CULTURA, TANTO RISPETTO…questi sono solo alcuni degli strumenti di cui si serve un buon degustatore, vi sembra facile?

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Sogno o son desta…

Mi ritrovo spesso a leggere articoli, recensioni tra le più disparate e commentarle con amici e/o conoscenti. Vino, cibo, arte, libri…nessuna differenza.

C’è gente che paga per leggere tizio o caio, gente che paga perché tizio o caio scriva di loro, aziende che pubblicano anche le recensioni scritte dal noto tizio o dal meno famoso caio…e alle volte c’è anche un perché. Si vuole visibilità, ci si sente lusingati dal fatto che qualcuno ci riconosca e se ne parli…

Ora…forse la mia riflessione fa poco testo e proprio per questo mi sento di condividerla, ma quando si parla di un vino, quando lo si descrive ad altri e non a noi stessi, dovremo essere in grado di utilizzare termini, metafore, frasi che facilmente riconducano chi ci ascolta a ciò che stiamo degustando.

Mi sono imbattuta in questa descrizione, ovviamente eviterò di fare riferimenti all’azienda e soprattutto al tale che scrive. Per gli addetti del settore basteranno le prime parole per capire di chi si sta parlando  ”…Un XXX che satinato e felpato spuma polposamente limpido, sempre ben brioso. Una XXX di gran consistenza viticola, morbida, dalla mano enologica esecutiva di avvertita nettezza” o ancora “Il XXX di XXX pure in un’annata difficile come il 2005 si conferma fra i profumi bianchi più suadenti, floreali e speziati, fra le fragranze bianche migliori in Italia. …con la sua camomilla tremendamente uvosa. Di rango anche XXX: di speziata ciliegiosità assai intensamente viva”. O ancora ” stupenda l’intensità della sua dolcezza olfattiva, che anzitutto si gioca sul punto di tinta: viola e non nera. Ove l’occhio è viola melanzana, non ancora nerastra, lì è il punto di massima forza e profondità cromatica che un rosso può attingere. Qui il punto di massima concentrazione tannica utile a infittire la polpa e il colore, senza accendere le caffeiche chinosità gusto-olfattive del suo eccesso. Il suo profumo, il suo occhio, il suo gusto, stupendamente maturo e polposo: una mora viola allora, sfumata di gelso bluastro, soffiata di spezia e di zucchero, di vaniglia, di menta di glassa. Suadenza stupenda che si compie sul pregio dell’integrità del suo aroma: una nitidezza enologica, una novità e turgidità di gusto e d’olfatto che il suo massivo e sì imponente monte estratto, in realtà ancor frutto di fatto. Per concentrazione non disgiunta da souplesse e morbidezza…”

Forse sono io che non capisco…ma camomilla uvosa, speziata ciliegiosità, mano enologica esecutiva di avvertita nettezza…cosa vogliono dire? Un consumatore o un appassionato che vuol comprare la bottiglia di un’azienda anzichè di un’altra…in che modo traduce tutto questo?

Già si fa fatica a spiegare quando un vino è fresco, pulito, quando è più floreale che fruttato e si fa fatica a far percepire i descrittori base di un calice di vino, figuriamoci quando si descrive il NIENTE!

Eppure queste persone hanno un loro spazio, queste persone vengono pagate, cercate e non ha colpa il comunicatore di turno, quanto coloro che danno credito a chi parla di fumo, di frasi fatte o frasi dettate dal delirio di un momento orgasmico.

O forse siamo noi che non abbiamo capito niente…e sbagliato lavoro!

La prossima volta che mi verrà chiesto di descrivere un vino bianco comincerò da “voluttuosa freschezza delle prealpi circondata dal floreale turbinio di emozioni setose tipiche del vitigno (non importa quale)”. Ai rossi dedicherò “la morbida rotondità dei flanellosi tannini, arricchiti da sfumature tramontine (nuovo conio per il quale esigo il copyright) delle calde serate di primavera (ovvio, anche in alaska) arricchite e impreziosite da un momento di delirante passione voluta fortemente dal sogno ancestrale del cantiniere/enologo/produttore”.

E guai a chi mi chiederà di spiegare le mie vinose descrizioni…perché è tutto chiaro, no?!

 

 

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Bollic…ops Franciacorta!

Posticino in quel di Pordenone, dietro il banco una bellissima ragazza. Un amico entra, diversa la selezione tra Franciacorta, Trento doc, metodo classico e bollicine più semplici.
Lui:”Scusi…potrebbe dirmi che tipi di spumante avete”
Lei:”…ma…bollicine?”

Adesso…fossi stata io avrei giocato un pò e punzecchiato anche perché chi lavora in certi posti dovrebbe perlomeno possedere i basilari, ma si sa, a una bella donna alle volte si perdona tutto e l’animo da gentleman del mio amico ha fatto si che le venissero risparmiate ulteriori difficoltà.

Arriva quindi al momento giusto il comunicato stampa inviato dal Consorzio per la tutela del Franciacorta che vieta in maniera categorica l’uso del termine bollicine per indicare il Franciacorta. E non si tratta solamente di una trovata commerciale.
A monte c’è sicuramente l’intenzione di riconoscere con il termine unico di Franciacorta un prodotto, una realtà enologica che difatti non ha nulla a che vedere con il mondo delle bollicine in senso lato. E suppongo ci sia anche il desiderio, condiviso dalla sottoscritta, di correggere l’informazione.

“Chiamiamo il vino con il proprio nome e non con termini che ne generalizzano e ne uniformano le peculiarità, appiattendone, di fatto, la qualità percepita – spiega Maurizio Zanella, Presidente del Consorzio Franciacorta -. ‘Bollicine’ è un termine obsoleto e senza futuro. Il tempo presente ci offre una nuova occasione per affermare i nostri vini di qualità, cominciando dal consolidare la cultura di base in materia e da un appropriato linguaggio”.

“E che non si chiami più spumante – continua Zanella – per nessun motivo al mondo. L’ho già simpaticamente ricordato all’amico Franco Maria Ricci rispondendo ad un suo articolo apparso in marzo su ‘Bibenda 7’. La similitudine tra ‘spumante’ e Franciacorta è da bandire in qualsiasi citazione. Non per velleità o principio, ma per decreto ministeriale”.
Nel dettaglio, si fa riferimento al disciplinare di produzione del Franciacorta, approvato per decreto ministeriale (Mipaaf) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in prima istanza il 24 ottobre 1995 – serie generale 249, art. 7 e poi, a seguito di modifiche ulteriormente restrittive, il 23 ottobre 2010 – serie generale 249, art. 7, che recita: “per identificare tutti i Franciacorta, è vietato specificare il metodo di elaborazione, metodo classico, metodo tradizionale, metodo della rifermentazione in bottiglia e utilizzare i termini vino spumante”.

“Oggi il Franciacorta, come anche altri vini di qualità, esige più rispetto, eleganza, identità, che il termine bollicine, ormai, non è in grado di dare – conclude il presidente Zanella. Franciacorta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi 3 vini possono utilizzare un unico termine per identificare in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di produzione. Ecco l’identità di cui parlo. Chiamiamo il vino con il proprio nome e quindi: Spumanti, i vini senza Denominazione specifica; Franciacorta, il Franciacorta”.

Quindi quindi…se posso permettermi, non limitatevi a chiedere bollicine…perché se vi limitate a questo è giusto che vi venga servito anche un calice mediocre. Siate esigenti e chiedete con la consapevolezza del consumatore che SA esattamente cosa desidera degustare!

…e speriamo che l’esempio del Consorzio Franciacorta venga seguito da altre realtà enologiche

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con Winesurf parto da qui

La mia esperienza con Winesurf nasce nel novembre del 2009 un pò per caso a dire il vero.
Incontro fatidico quello del 21-22 novembre nella splendida cornice di Castellina in Chianti, nel Relais di proprietà di Rocca delle Macìe…da allora sono entrata nella gabbia dei m…ostri sacri del giornalismo enologico/goliardico/innovatore/irriverente e grazie al mitico Carlo Macchi da allora non faccio altro che ascoltare, degustare, imparare e conoscere.
Quindi cosa c’entro io con Winesurf?
Bè ovvio…da buona siciliana sono un ottimo referente per il Friuli Venezia Giulia…no?!
Riesco a resistere anche oltre le 48h in degustazione con il Winesurf team…ed è dura!!!
e…importantissimo…dopo quasi 3 anni sono riuscita a resistere all’allegra compagnia..o sono loro che mi sopportano?!
Superfluo indagare…

mi limiterò quindi a linkare in questa sezione tutti i miei contributi su Winesurf…così che vi sia più immediato raggiungerli.
buona lettura…io son partita da qui…da un pezzo che è riuscito a creare un pò di scompiglio:

Vinitaly 2010: “Friulano tipicamente friulano” sarà lei!

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Un’esplosione di colori…Turriga 2000

…12 anni e non sentirli!
Ho memorizzato oggi termini utilizzati per un vino come “vellutato” o setoso”.
Avete presente quando accarezzate tessuti di seta preziosa o velluti curati e ricercati? bene…memorizzate la sensazione al tatto perché è la stessa identica sensazione al palato che si riesce ad avvertire quando si assaggiano certi vini.
Non capita tutti i giorni degustare vini di un certo peso e non avevo neanche preventivato di farlo oggi in vista delle quasi prossime (tra meno di 2 ore) degustazioni di selezione per la Fiera dei vini di Bertiolo.
…Qualche volta occorre sacrificarsi…e cosa meglio di un Turriga 2000 (Isola dei Nuraghi IGT – Cantine Argiolas) per soffrire piacevolmente.
Appena versato, il naso, ancora parzialmente chiuso, ha subito denotato sentori evoluti come la liquirizia e lo speziato.
L’evoluzione è durata per le 2 ore a seguire…e continuava ahimè anche a bicchiere ormai vuoto.

In bocca si va incontro a un crescendo di sensazioni: tannini morbidi, asciutti e vellutati. Il palato accarezzato dolcemente da sensazioni perfettamente in equilibrio tra di loro. La potenza di un vino tipico della Sardegna (cannonau, carignano, bovale, malvasia nera) mitigata dall’eleganza e dal tempo. Il legno (18-24 mesi barriques di rovere francese) in perfetta armonia con il vino, mai predominante. Il vino poi sosterà in bottiglia per altri 12-14 mesi.

La vendemmia è completamente manuale e avviene nelle prime ore del mattino (accade anche in Sicilia per evitare le ore calde e torride tipiche di alcune regioni e di un certo periodo dell’anno).

Accompagnarlo al giusto piatto naturalmente acuisce e marca certe sensazioni, ma vi garantisco che degustarlo senza nessun accompagnamento particolare è impagabile.

Sottolineo…è semplicemente un IGT…niente inutili denominazioni/lungaggini normative per un grande vino che non sente il bisogno di complicare la vita a chi ne capisce l’essenza.

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I vicini vicentini

Dopo qualche mese di assenza…mea culpa…l’Onav di Udine torna a farsi sentire con la pubblicazione e organizzazione di nuovi eventi.

In previsione del prossimo 2 Livello Onav si comincia ad approfondire qualche realtà a noi vicina, ma che molti non conoscono.

Nel panorama enologico invaso da vitigni internazionali cominciano a farsi strada da qualche anno i vitigni autoctoni che per molto tempo sono stati trascurati e alcune volte anche dimenticati.
Si va spesso “lontano” da un punto di vista degustativo e magari si conoscono poco i nostri “vicini”.
Il prossimo evento quindi ci vedrà impegnati alla scoperta di alcuni vitigni tipici del vicentino declinati in varie tipologie:

MONTI LESSINI DOC DURELLO SPUMANTE METODO CLASSICO
BREGANZE DOC VESPAIOLO
COLLI BERICI DOC TAI ROSSO
COLLI BERICI DOC TAI ROSSO RISERVA
GAMBELLARA DOC RECIOTO PASSITO CLASSICO

Al termine della degustazione ci sarà un momento/studio degustativo importante: verranno degustati alla cieca 2 vini prodotti e vinificati in Italia, di tradizione internazionale. La caratteristiche di ciascuno verranno estrapolate grazie alla vostra attenzione, alle vostre conoscenze e alla vostra esperienza di degustatori e/o appassionati…il MISTERO vi verrà svelato al termine della degustazione.

Ad accompagnarci durante la serata l’enologo e produttore Andrea Mattiello.

Seguirà rinfresco con alcuni prodotti tipici del vicentino.

Costo della serata: Soci ONAV € 12,00, NON SOCI € 15,00
Sede: Enologica Friulana Via Stiria n. 36/1 Udine (Zona Partidor).

AI SOCI SI RACCOMANDA DI NON DIMENTICARE LA VALIGETTA CON I BICCHIERI.
Nel caso in cui foste sprovvisti, potrete noleggiarli direttamente in sala al costo di € 2,00 (4 bicchieri) che comprenderà anche il lavaggio degli stessi.
Per chi volesse acquistarli il prezzo è di € 2,00 cadauno
I non soci invece potranno usufruire gratuitamente del noleggio dei bicchieri.

Per ulteriori informazioni e prenotazioni si prega voler scrivere a udine@onav.it

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DWC: Celebrating 10th Year in Nashik Vineyards

Titola così un articolo pubblicato ieri su http://www.indianwineacademy.com/about_us.aspx.

Il Delhi Wine club compie 10 anni e a farne una panoramica è Subhash Arora, giornalista, consulente, wine writer e presidente dell’Indian Wine Academy (http://www.indianwineacademy.com/about_us.aspx).

Tra le aziende citate c’è la Vintage Wines diretta e seguita dall’enotecnico Andrea Valentinuzzi della 360 Wine Consultingsnc e che nell’articolo viene definita la “piccola Italia” per i vini prodotti da varietà autoctone italiane: Grillo, Sangiovese e Nero d’Avola.

A chi dedichiamo l’articolo?A tutti coloro che non credono nelle sfide enologiche e pensano che certe varietà abbiano la facoltà di esprimersi solo in certi areali.

buona lettura!!

__www.indianwineacademy.com 07.02.2012

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